lunedì 9 luglio 2012

In campo o fuori campo?

Com'era prevedibile dopo il caso Morosini, il CONI ha preso sul serio la faccenda della sicurezza sui campi di gioco, e ha come si conviene istituito una commissione ad hoc di dotti, medici e sapienti, di cui fanno parte il Rettore dell'Università "La Sapienza", il Presidente dell'Istituto Superiore di Sanità, un Cardiologo, un Medico Legale e tre Medici Sportivi. E ovviamente nessuno che si occupi di Emergenza Sanitaria.


A completare la festa dei tromboni ci ha pensato la Federazione Medico Sportiva Italiana, la quale, dall'alto della sua riconosciuta competenza in materia di emergenza e soccorso, ha trovato il rimedio giusto (per le loro tasche sicuramente): il MOGESS, Modello Organizzativo Gestione Emergenza Sanitaria Sportiva.
La figura centrale del modello è il match-doctor FMSI, che deve coordinare, grazie alla sua estrema competenza in materia, tutta la sicurezza sanitaria sul campo e nell'intero impianto (!!), e prestare tutte le manovre rianimatore sul terreno di gioco. Il medico del 118 invece dovrà stare a guardare e verrà consultato qualora ci fosse da portare il paziente in ospedale.
Deve essere rilevata la grande modestia dimostrata dai medici sportivi: nonostante siano notoriamente onniscenti, dichiarano che per diventare match-doctor e poter gestire le vie aeree, la defibrillazione, la terapia farmacologica dell'arresto cardiaco, l'insufficienza respiratoria, lo shock, le fratture, le lussazioni e il pneumotorace sono disponibili a seguire un corso di ben 12 ore (sì, è scritto giusto, non è 120).

Puzza di conflitto di interessi? Nahhhh....

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